Si apre lentamente il sipario e li dietro quel
tendone color porpora abbellito dalle luci biancastre ci sono proprio
io. Si, io! A me: una giovane ragazzina insignificante, l’onore di
aprire questa storia? E chi avrebbe mai detto che la timida
danzatrice Sonya, imbranata e banale, potesse essere in grado di
esprimere la sua vera anima dinnanzi a tanta gente? Scelsero proprio
me, per scarto, per sbaglio o per fortuna! Mi sentii un po’ come
Christine, la ballerina che al teatro dell’opera venne scelta per
cantare una lirica, nessuno s’aspettava che dalla bocca di una
ballerina potesse uscire una voce così melodica eppure tutti ne
restarono meravigliati e il fantasma dell’opera s’innamorò
perdutamente di lei e di quel candido “Pensami …” Io mi sentivo
come lei: una scoperta! Mi applaudirono: mi sentii realizzata, poi mi
voltai e mi ritrovai nella mia quotidianità …
La mia sveglia, come tutte le mattine, suonava
alle sette in punto ma quel giorno il tempo sembrava si fosse
fermato. Era appena l'alba quando sbarrai gli occhi dopo aver fatto
un incubo - il solito incubo-. Cercai di urlare ma dalla mia bocca
non uscì nessun suono, poi finalmente mi ricomposi e respirai
profondamente cercando di far mente locale. Il mio cuore batteva a
mille, allora mi sedetti sul letto e cercai di placare quei battiti
con delle smorfie facciali. Mi schiarii la voce e realizzai che
finalmente ero del tutto sveglia! Come d’abitudine il ticchettio
dell'orologio nel mio dormi-veglia si era trasformato nello
scalpiccio di passi, sempre più pesanti che pareva volessero
inseguirmi. Per uno strano gioco dell'inconscio avevo temuto che
quelli fossero i passi di lei, la stronza che mi mise a questo mondo!
Mi fa male quando la gente mi dice: -"Perdonala, è sempre la
tua mamma!" La mia mamma? E loro cosa ne sanno! Io di lei ho
solo brutti ricordi che vorrei dimenticare ma il tempo, quest’illuso
inganno della vita, me li fa tornare alla mente con questi odiosi
incubi. Ho un brivido, di rabbia e di paura mentre faccio questi
pensieri ma ecco che suona la sveglia. Quel trillo, ha il potere di
sopire i timori del momento, allora la prendo e la stacco, poi la
ripongo sul comodino. Rifaccio il letto e rimetto il libro, finito di
leggere la sera prima, nella libreria, poi vado in bagno e... il
cellulare comincia squillare! A passo veloce e deciso torno in camera
e rispondo. Al di là della cornetta c’è Nadia, la mia vicina di
casa, che definirei la seconda donna di questa storia. E' una donna
di bell'aspetto di 33 anni che crede ancora nell'amore nonostante
abbia avuto un'infanzia difficile, quasi come la mia! I suoi occhi
blu corallo mi regalano una sensazione indescrivibile di pace e i
suoi riccioli neri evidenziano i sogni di una fanciulla che non ha
ancora perso la speranza di veder realizzate le sue segrete
aspettative. Nadia è ancora single e per mantenersi fa la
baby-sitter nelle ore pomeridiane, la mattina invece è libera. Così
di tanto in tanto mi chiama per parlare un po’ di questo e di
quell'altro. Mi piace chiacchierare con lei. E' una donna molto
divertente, solo che non ha ancora trovato l'uomo della sua vita e
questo la intristisce molto. Il fatto è, che lei in realtà ha paura
di ricadere nello stesso errore della madre e sposare la persona
sbagliata, così, si pone delle condizioni. -Troppe condizioni- "Deve
essere bruno, perché sono attratta dalla tipica bellezza
mediterranea, deve essere toro perché è quello il mio ascendente,
deve essere un gentiluomo ma non farmi sentire troppo una mantenuta:
deve amarmi alla follia, non può tradirmi, no! Non lo
sopporterei..."
Effettivamente,
è struggente essere traditi da persone che ami ma
se Nadia si ostinerà a voler trovare l'uomo perfetto rimarrà
zitella per tutta la vita. L'uomo perfetto non lo troverà mai!
Nadia scrive le caratteristiche del suo uomo
ideale in un bigliettino, così come quando uno studente scrive gli
appunti in un “pizzino” per un compito quando è impreparato, e
poi, lo consegna al suo corteggiatore di turno, così come quando una
cassiera consegna lo scontrino ad un cliente. Una mattina, mentre era
seduta ai giardini pubblici, accanto ad un suo ordinario spasimante,
dopo essersi scambiati sorrisi e parole romantiche, gli consegnò
come d'abitudine lo strano bigliettino. L'uomo credette di trovarci
una poesia o un aforisma come quelle che escono dall'incarto dei baci
perugina, e invece, dopo aver letto la deludente pretesa, si alzò di
scatto, la osservò con uno sguardo assai difficile da interpretare,
e scappo via di corsa senza rivolgerle nemmeno una parola... Nadia
non riuscii a trattenere le lacrime! Io, che assistetti imperterrita
alla scena, mi avvicinai a lei e le poggiai una mano sulla spalla. Mi
ci sedetti accanto e le sorrisi. La abbracciai. Volevo consolarla,
non colpevolizzarla. Scoprì un dito e mi guardò sottecchi, così
come fanno i bambini quando fingono di piangere per ottenere
qualcosa. Nel mio volto voleva scorgere comprensione, e l'ottenne.
Allora, asciugandosi le ultime lacrime mi ricambiò con un suo
sorriso! Le strinsi i polsi e le dissi:-"Tu non devi piangere.
Troverai l'uomo della tua vita solo quando spezzerai le barriere
d'amore che ti sei creata! Chi è che stabilisce come deve essere
l'anima gemella? L'oroscopo? No! Non si può sapere. Nessuno può
dirlo. Si ama e basta!". Capì a cosa mi riferivo, ma finse di
essere perplessa e abbassò lo sguardo, così come quando un ladro
abbassa la guardia perché sa di esser stato pedinato dopo un suo
furto! Borbottando tra se disse:- "Tu lo sai che mia madre ha
sofferto per amore. Mio padre andò via di casa quando ero ancora in
fasce e quando tornò non era più il principe azzurro che mia madre
aveva sposato. Diventò arrogante e la picchiava quando io ero nella
mia stanza, lui credeva che dormissi. Ma come facevo a non sentire
quelle urla. Urla che mi tornano ogni qualvolta si riaccende in me la
paura di sposare il principe sbagliato..."
URLA, non riuscivo a darle torto, nella sua
storia c'erano troppe cose familiari che echeggiavano nel mio io come
circostanze che mi rappresentavano! E io? Anch'io non volevo
innamorarmi! Ma la mia era una paura diversa. Nel mio caso ero io a
sentirmi "una Crudelia" e non meritavo di sposare un
principe! Io invece temevo, forse a causa dei miei incubi, di aver
nel mio DNA qualcosa che appartenesse all'indole di quella stronza e
questo non l'accettavo. Non mi accettavo! Per questo mi sentivo
indegna e non mi curavo neanche di cercarlo il ragazzo giusto per me!
E poi, tutta questa necessità di trovarlo, non c'è l'avevo...avevo
la mia vita che era la danza, e mi bastava! (Questo fu il mio auto
convincimento, fino ad allora!).
Io, Sonya, ero allieva in una scuola di ballo
locale, ero un aspirante ballerina come tante altre al mondo. Da li a
poco molte cose della mia vita sarebbero cambiate ma ancora non lo
sapevo. Il mio sipario era aperto a metà e la mia opera era in
sospeso, lasciata al giudizio inconfutabile dei miei cari spettatori!
Io e Nadia decidemmo di tornare a casa. Le due
amiche avevano appena finito di regalarsi abbracci e confidenze,
quando d’un tratto cominciò a piovere. Quelle gocce ci fecero
imbarazzare, ci sorpresero in una giornata soleggiata, con i nostri
abbigliamenti leggeri. Ridemmo spensierate come due bambine
incoscienti che hanno dimenticato di portarsi dietro l’ombrello e
continuano a giocare fuori nonostante il brutto tempo. Decidemmo di
fare una corsa, ma non servì a molto perché in batter d’occhio ci
fu un acquazzone, e restammo infreddolite ed ammutolite sotto un
albero che non ci riparò affatto! Un ragazzino vivace e premuroso si
accorse di noi e venne in nostro aiuto con un grande ombrello in
mano. Senza esitare un attimo si fiondò al centro tra me e Nadia,
riparandoci. Non sapevo chi fosse, ma lo ringraziai con un sorriso.
Mi sembrò come un angelo sbucato dal nulla per salvarci. Anche Nadia
gli sorrise e lui si presentò per rassicurarci:-“Sono Gino, vendo
palloncini e faccio ridere i bambini …” E mentre diceva ciò
estrasse fuori dalla tasca un naso rosso da clown e lo indossò
camuffando la sua voce, e rubando anche alle bambine che erano in noi
una fragorosa risata! Si, era proprio lui, e adesso sapevo anche il
suo nome! Gino sembra un nome banale ma significa“donna”, e da li
a poco forse egli salverà queste due donne, non solo dalla pioggia!
Erano giorni che lo osservavo e mi chiedevo come facesse ad esser
sempre radioso nonostante la sua solitudine. In genere, se ne stava
in un angolo del parco con i suoi palloncini colorati e il suo
abbigliamento da pagliaccio. Aveva anche una chitarra che portava in
spalla e quando la gente iniziava ad annoiarsi cominciava a
strimpellare qualche nota gratuita. La melodia era sempre la stessa e
le parole cambiavano di volta in volta ma non era mai bizzarra quanto
il suo aspetto. I capelli ramati e spettinati, il cappotto blu
oltremare con delle toppe sui gomiti, tipo Arlecchino, e i jeans che
portava sembravano di una taglia in più rispetto alla sua. Si
informò sulle nostre vite così diverse, ma così simili e si prestò
ad accompagnarci a casa! Nadia, prese la parola prima di me e rifiutò
cortesemente l’invito. Detto ciò, la pioggerella ci concesse un
po’ di tregua e velocissimamente ci salutammo e tornammo a casa.
Nadia, successivamente, si giustificò con me per aver respinto
l’invito di quel ragazzotto così gentile, ma giustamente era uno
sconosciuto, meglio essere prudenti!
Quella sera stessa avevo le prove in teatro. Io
e le mie compagne eravamo state impegnate di recente in un corso di
dizione e recitazione e da li a breve ci sarebbe stato un saggio che
avrebbe compreso anche dei monologhi da noi interpretati. Mi
presentai lì come d’impegno alle 18:30. Ci sarebbe stata anche la
fatidica prova con i costumi di scena! Indossai subito il mio: era un
tutù romantico senza troppi fronzoli con una semplice fila di strass
e pailette che si incrociavano davanti con del tulle color avorio. La
coreografia era pronta ma c’erano gli ultimi dettagli da sistemare
riguardo gli spazi. Il palcoscenico era povero e piccolo, le luci e
gli effetti speciali avrebbero giocato un ruolo importante ma noi
oltre ad adeguarci dovevamo impegnarci sul serio, non era un saggio
qualsiasi. Potevamo essere scelte per un importante stage formativo.
Tuttavia, il pensiero che potessi essere prediletta tra le mie
coetanee, non mi sfiorava minimamente! Ma questi furono i miei
classici pensieri, soppiantati ben presto dalla voce rabbiosa di
Flora, la nostra insegnante, che tuonò come un brivido nei muri
degli spogliatoi :- “Ragazze, avete finito di chiacchierare?
Sbrigatevi … “ Ci guardammo in silenzio, sghignazzando un po’,
sorprese per la scomoda verità che ci era stata appena rimpiazzata!
E’ bello parlottare tra di noi prima di entrare in scena. E' un po’
come rilassare insieme le tensioni per poi farle svanire del tutto.
Tamponiamo un po’ le punte sulla pece e … -:”Pronte?”. Sempre
lei, Flora! Sbirciò dietro le quinte per controllarci con lo sguardo
e poi fece un cenno a qualcuno dietro di lei, di cui però ne vidi
solo l’ombra. Le quattro stagioni di Vivaldi. Partirono le prime
note, e come farfalle cominciammo a danzare! Ci fu un qualcosa di
speciale in quella musica, mi sentii una piccola parte della
primavera che liberava nell’aria i primi giocosi colori dei fiori,
ma i miei passi comunicativi e tecnicamente distorti furono
interrotti da Flora che fece staccare la musica e disse:- “Siete
broccoli non ballerine! Possibile che proviamo da un mese questa
coreografia e ad una settimana esatta dal saggio ancora non sapete
nemmeno i passi? E tu Sonya cosa fai guardi le farfalle? Dove hai la
testa? ” – “Si, una cosa del genere!” - Risposi nella mia
mente e le concessi uno sguardo a metà tra l’imbarazzo e la
consapevolezza di aver rovinato la perfezione di allegri echappèes.
E mentre la guardavo vidi dietro di lei più definita quell'ombra sbarazzina che non ero riuscita a distinguere! Era di spalle e
discuteva con il tecnico dei suoni dietro di lui. Per un attimo
pensai di averlo già visto da qualche parte. Vicino a me, invece,
c’era Stella, che saltellava orgogliosa e determinata. Si era
sempre atteggiata da prima ballerina, se la cavava abbastanza bene, e
Flora spesso la sceglieva per le variazioni. A volte ero quasi
invidiosa delle sue sicurezze, ma in quel momento non volli sciuparmi
in questi pensieri così frivoli. Allora, ripartì la musica e tornai
sui miei passi. “Concentratevi stavolta …” esclamò Flora,
fissando me in tono di rimprovero. Si, non potevo deluderla. Avevo
già fantasticato abbastanza. Prima di rientrare negli spogliatoi ci
consegnarono dei fogli in cui vi erano i monologhi che avremmo dovuto
recitare. Dovevamo dare il meglio!
Finimmo molto tardi, ma a quanto pareva, non
eravamo le uniche. Avevo appena terminato di sistemare le mie amate
scarpette nel borsone e stavo per andare via. Tentai di attraversare
disinvolta la platea vuota, quando udii quella melodia. La stessa di
sempre! Era lui, Gino, al centro del palcoscenico, con l’occhio di
bue che rifletteva il suo viso roseo e divertente. Presumevo che lui
non mi vedesse con tutta quella luce lattiginosa, e forse il bello di
un palcoscenico è proprio questo: lo spettatore vede la scena, ma
dalla scena solo alla fine di uno spettacolo, quando le luci si
spengono, si possono vedere gli spettatori! Non potevo andare via
senza fermarmi ad ascoltare la sua canzoncina. Amatoriale, originale
e inventata sul momento. Spesso assomigliava tanto a qualche vecchio
ritornello con la morale che si rispetti. Gino nel suo piccolo doveva
essere un tipo in gamba, nei sui versi c’era sempre un qualcosa di
speciale che sentivo anche mio …
Il canzonier felice,
strimpella le sue note,
la strofa non lo dice,
ma sai: sembrano vuote!
Se le vorrai ascoltare
te le farò suonare.
Se le vorrai ignorare
potrai andare via:
… che stupida bugia!
Ognuno nella testa
ha tanta fantasia,
e vuole raccontarla
al viandante o
lo straniero: passeggero ….
Ingenuo ma sincero
lui non ha perso fiato:
vuol essere ascoltato,
Vuol essere ascoltato …!
“Ok, va bene. Ma cerca di essere più sicuro
di te e di padroneggiare meglio l’istante. Non temere, osa. Il
palcoscenico in quel momento sarà tuo …”. Gli disse un signore
dal tono loquace seduto tra le prime file, al centro della platea!
“Ci sarà un buco tra una coreografia e un'altra. Ti esibirai in
quello stacco di tempo, tanto per non annoiare il pubblico! Mi
raccomando, non deludermi, ti concederò soltanto un'altra prova ”
. Gino gli fece un cenno con la testa in segno di riconoscenza e poi,
mentre cercava di riporre la chitarra nell'apposita custodia, lo
sconosciuto dal fare fraterno salì con lui sul palco per non
lasciarlo solo e aiutandolo a sistemare le sue cose gli diede una
pacca sulla spalla! “Puoi farcela!” Gli disse. E capii che anche
lui si sarebbe esibito al saggio! Avrei voluto salutarlo, chiedergli
dove abitava e se potevo accompagnarlo io a casa stavolta! Ma
passando dal retro del teatro, si incamminò insieme a quello
sconosciuto e io mi intimidii a seguirli. Fui sorpresa, in quel
momento, dal tocco fatato di Flora, che mi invitò ad uscire insieme
a lei dall'ingresso scusandosi per il tono rabbioso che aveva usato
con me. L’avevo già perdonata, aveva le sue buone ragioni! Vedevo
Flora quasi come una madre, forse quella che non avevo avuto!
“Conosci quel ragazzo?”- “Sss … NO” Le dissi riflettendoci
un po’. Come facevo a raccontarle in due per due dell’incontro
bizzarro che avevo avuto quel pomeriggio stesso?- “Anche tu puoi
farcela!” Mi disse. Io sorrisi gioconda tra me all'idea illusoria
che per un assurda possibilità su mille potevamo essere scelti
insieme: io e Gino! Finsi di non conoscerlo al cospetto di Flora per
uno strano scherzo dell’ironico imbarazzo ma non vidi l’ora di
raccontare tutto a Nadia.
La mattina successiva la incontrai ai giardini
pubblici come di consueto e le svelai ogni dettaglio di ciò che
successe la sera prima. Anche lei, come me, era una romantica
sognatrice e mi rivelò che quella stessa sera se per me fu colma di
imprevisti e sorprese per lei fu una serata come tante altre, ma le
servì a riflettere. Aveva pensato molto bene a cosa le dissi il
giorno prima riguardo il suo modo strambo di attaccare bottone con un
uomo, e aveva capito che doveva buttarsi in una storia senza troppe
pretese! Così, come per dimostrarmi che diceva sul serio, estrasse
dalla tasca i “bizzarri bigliettini”, e li frantumò giocosa e
felice, in mille pezzettini. Poi si alzò in piedi dinnanzi a me, e
questa volta fu lei a stringermi i polsi:-“Sonya, hai ragione.
Adesso torno da lui e gli dico che non c’è nessuna condizione, gli
spiegherò tutto …” E poi corse via, entusiasta! Anche io mi
sentivo felice. Quella serata era stata magica per entrambe …
Nadia, fu come illuminata, forse dalle mie
parole forse da un angelo sbucato dal nulla in un pomeriggio
qualunque, e immortalata nelle sue più belle emozioni, decise di
spezzare le barriere che si era creata e corse a cercare senza farsi
tante domande l’amore della sua vita.
Io dormii serena senza nessun incubo. Mi ero
liberata di quella parte ingombrante che sentivo tragicamente mia.
Non avevo intenzione di perdonare quell'ombra che aveva per lungo
tempo occupato le mie angosce, che aveva lasciato in me brutti
ricordi e probabilmente non la perdonerò mai, ma ebbi più fiducia
in me. Conquistai quell'amor proprio che fino ad allora avevo
deciso di ignorare, e questo per me fu molto importante.
Entrambe, avevamo soppiantato d’un tratto, le
paure del passato, prendendo più consapevolezza del presente:
prendendo in mano la nostra vita …
L’indomani ci ritrovammo al solito posto, ma
io non volli avvicinarmi a Nadia. Vidi che era seduta accanto all'uomo che qualche giorno prima era fuggito via come se avesse
visto un fantasma alla lettura di quel biglietto. Se nonostante tutto
era ancora li, accanto a lei, doveva sicuramente essere un uomo
speciale, e la meritava. Nadia si voltò e mi sorrise, poi continuò
a conversare con quel tipo!
Io, abbassai lo sguardo, e stavo per tornare
indietro, quando mi ritrovai al cospetto del ragazzotto spettinato,
con i palloncini in mano, che mi disse:- “Sto andando in teatro,
vieni con me?” Lo guardai perplessa: che stupida. Pensavo che non
mi avesse notata! Mi diede la mano e come due vecchi amici, ci
incamminammo verso lo spettacolo della nostra vita …
Il giorno fatidico arrivò. Cominciai a
prendere di vero gusto l’idea di poter essere scelta per lo stage
formativo. Avrei ricevuto una borsa di studio e la possibilità di
conoscere nuovi stili di danza, nuovi ballerini! Non fu di certo uno
spettacolo come tanti altri, soprattutto perché lo avevo vissuto con
divertimento e soddisfazione. La vita, mi aveva regalato più colori,
e le ombre del passato si erano ormai dileguate nel nulla! Fu così,
che s’aprì lentamente il sipario, e fu illuminato dalla luce
biancastra di sempre, la stessa che ispira da tempo la mia
coreografa, ma stavolta quel tendone color porpora s’aprì fino
alla fine, esaltando ogni nostro sorriso e lasciando agli spettatori
non solo il giudizio inconfutabile ma anche l’opportunità di
applaudire! Per quel che avevo capito, gli esaminatori avrebbero
scelto uno di noi per studiare nella loro accademia. La serata
volgeva al termine, ma quei tizi sembravano già sapere chi
scegliere. Il tempo in un attimo sembrava si fosse fermato e io ebbi
un fremito: non era paura ma emozione! Gino era accanto a me. Stavamo
tutti dietro le quinte col fiato sospeso, silenziosi e curiosi. Il
presentatore era il loquace sconosciuto che qualche giorno prima
rassicurò il mio nuovo amico e se ne stava al centro del
palcoscenico ad intervistare gli esaminatori e Flora! Stilarono due
ipotetici nomi fortunati: cosa volevano dire? Sonya Brasile e Gino
Silenti!!- “NOI???”- Pronunciammo insieme quelle tre lettere,
quasi a volerle evidenziare nella pretesa di trovarci un filo
conduttore. Ci guardammo per un istante interminabile increduli! Ci
esortarono a fare ingresso sul palcoscenico, e Gino mi strizzò
l’occhio, poi mi prese per mano, e ci avviammo al centro del palco.
Osservai gli sguardi della gente e riconobbi subito i sorrisi e gli
applausi di Nadia e del suo compagno. Mi voltai verso Flora e poi
verso quei tizi sconosciuti. Ci dissero che volevano sceglierci
entrambi ma non sarebbe stato possibile - ecco mi sembrava troppo
bello per essere vero – ci invitarono ad accordarci tra di noi su
chi doveva andare! Quasi come se fossimo stati legati dallo stesso
pensiero rispondemmo all'unisono - “Rimango io …” e le nostre
parole furono una risata spontanea sia per i nostri interlocutori,
sia per tutti gli spettatori, ma decisi svelta il da farsi, perché
sapevo che ognuno di noi avrebbe esitato. Tolsi il microfono dalle
mani del presentatore amico e con gli occhi rivolti un po’ alla
platea e un po’ agli esaminatori dissi:- “Se dovessi essere
scelta da una giuria inconfutabile non perderei di certo l’occasione.
Accetterei senza nessuna perplessità, ma se come in questo strano
caso dovessi ritrovarmi a decidere di restare per cedere
quest’opportunità ad un amico, io rimarrei volentieri. La mia vita
ha ottenuto l’amore. La danza è stata il mio sogno fino a qualche
giorno fa. Ma si cambia in fratta opinione! Adesso che ho più
autostima di me, se dovessi decidere tra la danza e l’amore senza
rimpianti, sceglierei l’amore!”. Guardai Gino mentre pronunciavo
queste parole, e ne rimase quasi sorpreso. Vidi una lacrima nel suo
viso. La commozione lo pervase ancora più di me! Gli cedetti il
microfono, ma quella che uscì dalle sue corde fu una voce
singhiozzante. Così, cercando di scandire le parole il più
possibile, disse: -“Anch'io la penso esattamente così …” Ci
compresero e ci lasciarono andare per la nostra strada ormai pieni di
entusiasmo! Infine scelsero Stella e il suo nome in quel mondo ci
stava anche meglio, fu battezzata subito come: la stella della danza!
Si chiude lentamente il sipario e li, dietro
quel tendone color porpora abbellito dalle luci biancastre, ci siamo
proprio noi. Si, noi! A noi, due giovani ragazzini insignificanti,
l’onore di chiudere questa storia …
Dunque, ritornammo alle nostre vite, incrociate
in un giorno per caso ed unitesi inequivocabilmente senza tanti giri
di parole. Io, tra le altre cose, continuai a frequentare la danza e
Gino, il ragazzo che fece accendere una nuova luce nei miei occhi,
gli occhi della giovane ragazza che si prese la briga di aprire
questa storia, tornò a vendere palloncini e ad animare tutte le
belle serate, organizzando spettacoli e concerti! Gli rubai un bacio
che poi si moltiplicarono considerevolmente ma lui è ancora quel
tipo strambo che conobbi ai giardini pubblici. Ha un viso tondo e
rubizzo, un cappotto liso sui gomiti, un mazzo di palloncini colorati
in mano. E' l'ultimo uomo di questa storia.
*Questo racconto è stato pubblicato su Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano il 30/05/2011 ed è presente nell'Antologia di racconti "E' l'ultimo uomo di questa storia" acquistabile su ILMIOLIBRO
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