sabato 8 dicembre 2012

Una serata magica ...

Si apre lentamente il sipario e li dietro quel tendone color porpora abbellito dalle luci biancastre ci sono proprio io. Si, io! A me: una giovane ragazzina insignificante, l’onore di aprire questa storia? E chi avrebbe mai detto che la timida danzatrice Sonya, imbranata e banale, potesse essere in grado di esprimere la sua vera anima dinnanzi a tanta gente? Scelsero proprio me, per scarto, per sbaglio o per fortuna! Mi sentii un po’ come Christine, la ballerina che al teatro dell’opera venne scelta per cantare una lirica, nessuno s’aspettava che dalla bocca di una ballerina potesse uscire una voce così melodica eppure tutti ne restarono meravigliati e il fantasma dell’opera s’innamorò perdutamente di lei e di quel candido “Pensami …” Io mi sentivo come lei: una scoperta! Mi applaudirono: mi sentii realizzata, poi mi voltai e mi ritrovai nella mia quotidianità …

La mia sveglia, come tutte le mattine, suonava alle sette in punto ma quel giorno il tempo sembrava si fosse fermato. Era appena l'alba quando sbarrai gli occhi dopo aver fatto un incubo - il solito incubo-. Cercai di urlare ma dalla mia bocca non uscì nessun suono, poi finalmente mi ricomposi e respirai profondamente cercando di far mente locale. Il mio cuore batteva a mille, allora mi sedetti sul letto e cercai di placare quei battiti con delle smorfie facciali. Mi schiarii la voce e realizzai che finalmente ero del tutto sveglia! Come d’abitudine il ticchettio dell'orologio nel mio dormi-veglia si era trasformato nello scalpiccio di passi, sempre più pesanti che pareva volessero inseguirmi. Per uno strano gioco dell'inconscio avevo temuto che quelli fossero i passi di lei, la stronza che mi mise a questo mondo! Mi fa male quando la gente mi dice: -"Perdonala, è sempre la tua mamma!" La mia mamma? E loro cosa ne sanno! Io di lei ho solo brutti ricordi che vorrei dimenticare ma il tempo, quest’illuso inganno della vita, me li fa tornare alla mente con questi odiosi incubi. Ho un brivido, di rabbia e di paura mentre faccio questi pensieri ma ecco che suona la sveglia. Quel trillo, ha il potere di sopire i timori del momento, allora la prendo e la stacco, poi la ripongo sul comodino. Rifaccio il letto e rimetto il libro, finito di leggere la sera prima, nella libreria, poi vado in bagno e... il cellulare comincia squillare! A passo veloce e deciso torno in camera e rispondo. Al di là della cornetta c’è Nadia, la mia vicina di casa, che definirei la seconda donna di questa storia. E' una donna di bell'aspetto di 33 anni che crede ancora nell'amore nonostante abbia avuto un'infanzia difficile, quasi come la mia! I suoi occhi blu corallo mi regalano una sensazione indescrivibile di pace e i suoi riccioli neri evidenziano i sogni di una fanciulla che non ha ancora perso la speranza di veder realizzate le sue segrete aspettative. Nadia è ancora single e per mantenersi fa la baby-sitter nelle ore pomeridiane, la mattina invece è libera. Così di tanto in tanto mi chiama per parlare un po’ di questo e di quell'altro. Mi piace chiacchierare con lei. E' una donna molto divertente, solo che non ha ancora trovato l'uomo della sua vita e questo la intristisce molto. Il fatto è, che lei in realtà ha paura di ricadere nello stesso errore della madre e sposare la persona sbagliata, così, si pone delle condizioni. -Troppe condizioni- "Deve essere bruno, perché sono attratta dalla tipica bellezza mediterranea, deve essere toro perché è quello il mio ascendente, deve essere un gentiluomo ma non farmi sentire troppo una mantenuta: deve amarmi alla follia, non può tradirmi, no! Non lo sopporterei..."  Effettivamente, è struggente essere traditi da persone che ami ma se Nadia si ostinerà a voler trovare l'uomo perfetto rimarrà zitella per tutta la vita. L'uomo perfetto non lo troverà mai!

Nadia scrive le caratteristiche del suo uomo ideale in un bigliettino, così come quando uno studente scrive gli appunti in un “pizzino” per un compito quando è impreparato, e poi, lo consegna al suo corteggiatore di turno, così come quando una cassiera consegna lo scontrino ad un cliente. Una mattina, mentre era seduta ai giardini pubblici, accanto ad un suo ordinario spasimante, dopo essersi scambiati sorrisi e parole romantiche, gli consegnò come d'abitudine lo strano bigliettino. L'uomo credette di trovarci una poesia o un aforisma come quelle che escono dall'incarto dei baci perugina, e invece, dopo aver letto la deludente pretesa, si alzò di scatto, la osservò con uno sguardo assai difficile da interpretare, e scappo via di corsa senza rivolgerle nemmeno una parola... Nadia non riuscii a trattenere le lacrime! Io, che assistetti imperterrita alla scena, mi avvicinai a lei e le poggiai una mano sulla spalla. Mi ci sedetti accanto e le sorrisi. La abbracciai. Volevo consolarla, non colpevolizzarla. Scoprì un dito e mi guardò sottecchi, così come fanno i bambini quando fingono di piangere per ottenere qualcosa. Nel mio volto voleva scorgere comprensione, e l'ottenne. Allora, asciugandosi le ultime lacrime mi ricambiò con un suo sorriso! Le strinsi i polsi e le dissi:-"Tu non devi piangere. Troverai l'uomo della tua vita solo quando spezzerai le barriere d'amore che ti sei creata! Chi è che stabilisce come deve essere l'anima gemella? L'oroscopo? No! Non si può sapere. Nessuno può dirlo. Si ama e basta!". Capì a cosa mi riferivo, ma finse di essere perplessa e abbassò lo sguardo, così come quando un ladro abbassa la guardia perché sa di esser stato pedinato dopo un suo furto! Borbottando tra se disse:- "Tu lo sai che mia madre ha sofferto per amore. Mio padre andò via di casa quando ero ancora in fasce e quando tornò non era più il principe azzurro che mia madre aveva sposato. Diventò arrogante e la picchiava quando io ero nella mia stanza, lui credeva che dormissi. Ma come facevo a non sentire quelle urla. Urla che mi tornano ogni qualvolta si riaccende in me la paura di sposare il principe sbagliato..."

URLA, non riuscivo a darle torto, nella sua storia c'erano troppe cose familiari che echeggiavano nel mio io come circostanze che mi rappresentavano! E io? Anch'io non volevo innamorarmi! Ma la mia era una paura diversa. Nel mio caso ero io a sentirmi "una Crudelia" e non meritavo di sposare un principe! Io invece temevo, forse a causa dei miei incubi, di aver nel mio DNA qualcosa che appartenesse all'indole di quella stronza e questo non l'accettavo. Non mi accettavo! Per questo mi sentivo indegna e non mi curavo neanche di cercarlo il ragazzo giusto per me! E poi, tutta questa necessità di trovarlo, non c'è l'avevo...avevo la mia vita che era la danza, e mi bastava! (Questo fu il mio auto convincimento, fino ad allora!).

Io, Sonya, ero allieva in una scuola di ballo locale, ero un aspirante ballerina come tante altre al mondo. Da li a poco molte cose della mia vita sarebbero cambiate ma ancora non lo sapevo. Il mio sipario era aperto a metà e la mia opera era in sospeso, lasciata al giudizio inconfutabile dei miei cari spettatori!

Io e Nadia decidemmo di tornare a casa. Le due amiche avevano appena finito di regalarsi abbracci e confidenze, quando d’un tratto cominciò a piovere. Quelle gocce ci fecero imbarazzare, ci sorpresero in una giornata soleggiata, con i nostri abbigliamenti leggeri. Ridemmo spensierate come due bambine incoscienti che hanno dimenticato di portarsi dietro l’ombrello e continuano a giocare fuori nonostante il brutto tempo. Decidemmo di fare una corsa, ma non servì a molto perché in batter d’occhio ci fu un acquazzone, e restammo infreddolite ed ammutolite sotto un albero che non ci riparò affatto! Un ragazzino vivace e premuroso si accorse di noi e venne in nostro aiuto con un grande ombrello in mano. Senza esitare un attimo si fiondò al centro tra me e Nadia, riparandoci. Non sapevo chi fosse, ma lo ringraziai con un sorriso. Mi sembrò come un angelo sbucato dal nulla per salvarci. Anche Nadia gli sorrise e lui si presentò per rassicurarci:-“Sono Gino, vendo palloncini e faccio ridere i bambini …” E mentre diceva ciò estrasse fuori dalla tasca un naso rosso da clown e lo indossò camuffando la sua voce, e rubando anche alle bambine che erano in noi una fragorosa risata! Si, era proprio lui, e adesso sapevo anche il suo nome! Gino sembra un nome banale ma significa“donna”, e da li a poco forse egli salverà queste due donne, non solo dalla pioggia! Erano giorni che lo osservavo e mi chiedevo come facesse ad esser sempre radioso nonostante la sua solitudine. In genere, se ne stava in un angolo del parco con i suoi palloncini colorati e il suo abbigliamento da pagliaccio. Aveva anche una chitarra che portava in spalla e quando la gente iniziava ad annoiarsi cominciava a strimpellare qualche nota gratuita. La melodia era sempre la stessa e le parole cambiavano di volta in volta ma non era mai bizzarra quanto il suo aspetto. I capelli ramati e spettinati, il cappotto blu oltremare con delle toppe sui gomiti, tipo Arlecchino, e i jeans che portava sembravano di una taglia in più rispetto alla sua. Si informò sulle nostre vite così diverse, ma così simili e si prestò ad accompagnarci a casa! Nadia, prese la parola prima di me e rifiutò cortesemente l’invito. Detto ciò, la pioggerella ci concesse un po’ di tregua e velocissimamente ci salutammo e tornammo a casa. Nadia, successivamente, si giustificò con me per aver respinto l’invito di quel ragazzotto così gentile, ma giustamente era uno sconosciuto, meglio essere prudenti!
Quella sera stessa avevo le prove in teatro. Io e le mie compagne eravamo state impegnate di recente in un corso di dizione e recitazione e da li a breve ci sarebbe stato un saggio che avrebbe compreso anche dei monologhi da noi interpretati. Mi presentai lì come d’impegno alle 18:30. Ci sarebbe stata anche la fatidica prova con i costumi di scena! Indossai subito il mio: era un tutù romantico senza troppi fronzoli con una semplice fila di strass e pailette che si incrociavano davanti con del tulle color avorio. La coreografia era pronta ma c’erano gli ultimi dettagli da sistemare riguardo gli spazi. Il palcoscenico era povero e piccolo, le luci e gli effetti speciali avrebbero giocato un ruolo importante ma noi oltre ad adeguarci dovevamo impegnarci sul serio, non era un saggio qualsiasi. Potevamo essere scelte per un importante stage formativo. Tuttavia, il pensiero che potessi essere prediletta tra le mie coetanee, non mi sfiorava minimamente! Ma questi furono i miei classici pensieri, soppiantati ben presto dalla voce rabbiosa di Flora, la nostra insegnante, che tuonò come un brivido nei muri degli spogliatoi :- “Ragazze, avete finito di chiacchierare? Sbrigatevi … “ Ci guardammo in silenzio, sghignazzando un po’, sorprese per la scomoda verità che ci era stata appena rimpiazzata! E’ bello parlottare tra di noi prima di entrare in scena. E' un po’ come rilassare insieme le tensioni per poi farle svanire del tutto. Tamponiamo un po’ le punte sulla pece e … -:”Pronte?”. Sempre lei, Flora! Sbirciò dietro le quinte per controllarci con lo sguardo e poi fece un cenno a qualcuno dietro di lei, di cui però ne vidi solo l’ombra. Le quattro stagioni di Vivaldi. Partirono le prime note, e come farfalle cominciammo a danzare! Ci fu un qualcosa di speciale in quella musica, mi sentii una piccola parte della primavera che liberava nell’aria i primi giocosi colori dei fiori, ma i miei passi comunicativi e tecnicamente distorti furono interrotti da Flora che fece staccare la musica e disse:- “Siete broccoli non ballerine! Possibile che proviamo da un mese questa coreografia e ad una settimana esatta dal saggio ancora non sapete nemmeno i passi? E tu Sonya cosa fai guardi le farfalle? Dove hai la testa? ” – “Si, una cosa del genere!” - Risposi nella mia mente e le concessi uno sguardo a metà tra l’imbarazzo e la consapevolezza di aver rovinato la perfezione di allegri echappèes. E mentre la guardavo vidi dietro di lei più definita quell'ombra sbarazzina che non ero riuscita a distinguere! Era di spalle e discuteva con il tecnico dei suoni dietro di lui. Per un attimo pensai di averlo già visto da qualche parte. Vicino a me, invece, c’era Stella, che saltellava orgogliosa e determinata. Si era sempre atteggiata da prima ballerina, se la cavava abbastanza bene, e Flora spesso la sceglieva per le variazioni. A volte ero quasi invidiosa delle sue sicurezze, ma in quel momento non volli sciuparmi in questi pensieri così frivoli. Allora, ripartì la musica e tornai sui miei passi. “Concentratevi stavolta …” esclamò Flora, fissando me in tono di rimprovero. Si, non potevo deluderla. Avevo già fantasticato abbastanza. Prima di rientrare negli spogliatoi ci consegnarono dei fogli in cui vi erano i monologhi che avremmo dovuto recitare. Dovevamo dare il meglio!

Finimmo molto tardi, ma a quanto pareva, non eravamo le uniche. Avevo appena terminato di sistemare le mie amate scarpette nel borsone e stavo per andare via. Tentai di attraversare disinvolta la platea vuota, quando udii quella melodia. La stessa di sempre! Era lui, Gino, al centro del palcoscenico, con l’occhio di bue che rifletteva il suo viso roseo e divertente. Presumevo che lui non mi vedesse con tutta quella luce lattiginosa, e forse il bello di un palcoscenico è proprio questo: lo spettatore vede la scena, ma dalla scena solo alla fine di uno spettacolo, quando le luci si spengono, si possono vedere gli spettatori! Non potevo andare via senza fermarmi ad ascoltare la sua canzoncina. Amatoriale, originale e inventata sul momento. Spesso assomigliava tanto a qualche vecchio ritornello con la morale che si rispetti. Gino nel suo piccolo doveva essere un tipo in gamba, nei sui versi c’era sempre un qualcosa di speciale che sentivo anche mio …

Il canzonier felice,
strimpella le sue note,
la strofa non lo dice,
ma sai: sembrano vuote!

Se le vorrai ascoltare
te le farò suonare.
Se le vorrai ignorare
potrai andare via:
che stupida bugia!

Ognuno nella testa
ha tanta fantasia,
e vuole raccontarla
al viandante o
lo straniero: passeggero ….

Ingenuo ma sincero
lui non ha perso fiato:
vuol essere ascoltato,
Vuol essere ascoltato …!

“Ok, va bene. Ma cerca di essere più sicuro di te e di padroneggiare meglio l’istante. Non temere, osa. Il palcoscenico in quel momento sarà tuo …”. Gli disse un signore dal tono loquace seduto tra le prime file, al centro della platea! “Ci sarà un buco tra una coreografia e un'altra. Ti esibirai in quello stacco di tempo, tanto per non annoiare il pubblico! Mi raccomando, non deludermi, ti concederò soltanto un'altra prova ” . Gino gli fece un cenno con la testa in segno di riconoscenza e poi, mentre cercava di riporre la chitarra nell'apposita custodia, lo sconosciuto dal fare fraterno salì con lui sul palco per non lasciarlo solo e aiutandolo a sistemare le sue cose gli diede una pacca sulla spalla! “Puoi farcela!” Gli disse. E capii che anche lui si sarebbe esibito al saggio! Avrei voluto salutarlo, chiedergli dove abitava e se potevo accompagnarlo io a casa stavolta! Ma passando dal retro del teatro, si incamminò insieme a quello sconosciuto e io mi intimidii a seguirli. Fui sorpresa, in quel momento, dal tocco fatato di Flora, che mi invitò ad uscire insieme a lei dall'ingresso scusandosi per il tono rabbioso che aveva usato con me. L’avevo già perdonata, aveva le sue buone ragioni! Vedevo Flora quasi come una madre, forse quella che non avevo avuto! “Conosci quel ragazzo?”- “Sss … NO” Le dissi riflettendoci un po’. Come facevo a raccontarle in due per due dell’incontro bizzarro che avevo avuto quel pomeriggio stesso?- “Anche tu puoi farcela!” Mi disse. Io sorrisi gioconda tra me all'idea illusoria che per un assurda possibilità su mille potevamo essere scelti insieme: io e Gino! Finsi di non conoscerlo al cospetto di Flora per uno strano scherzo dell’ironico imbarazzo ma non vidi l’ora di raccontare tutto a Nadia.
La mattina successiva la incontrai ai giardini pubblici come di consueto e le svelai ogni dettaglio di ciò che successe la sera prima. Anche lei, come me, era una romantica sognatrice e mi rivelò che quella stessa sera se per me fu colma di imprevisti e sorprese per lei fu una serata come tante altre, ma le servì a riflettere. Aveva pensato molto bene a cosa le dissi il giorno prima riguardo il suo modo strambo di attaccare bottone con un uomo, e aveva capito che doveva buttarsi in una storia senza troppe pretese! Così, come per dimostrarmi che diceva sul serio, estrasse dalla tasca i “bizzarri bigliettini”, e li frantumò giocosa e felice, in mille pezzettini. Poi si alzò in piedi dinnanzi a me, e questa volta fu lei a stringermi i polsi:-“Sonya, hai ragione. Adesso torno da lui e gli dico che non c’è nessuna condizione, gli spiegherò tutto …” E poi corse via, entusiasta! Anche io mi sentivo felice. Quella serata era stata magica per entrambe …

Nadia, fu come illuminata, forse dalle mie parole forse da un angelo sbucato dal nulla in un pomeriggio qualunque, e immortalata nelle sue più belle emozioni, decise di spezzare le barriere che si era creata e corse a cercare senza farsi tante domande l’amore della sua vita.
Io dormii serena senza nessun incubo. Mi ero liberata di quella parte ingombrante che sentivo tragicamente mia. Non avevo intenzione di perdonare quell'ombra che aveva per lungo tempo occupato le mie angosce, che aveva lasciato in me brutti ricordi e probabilmente non la perdonerò mai, ma ebbi più fiducia in me. Conquistai quell'amor proprio che fino ad allora avevo deciso di ignorare, e questo per me fu molto importante.
Entrambe, avevamo soppiantato d’un tratto, le paure del passato, prendendo più consapevolezza del presente: prendendo in mano la nostra vita …

L’indomani ci ritrovammo al solito posto, ma io non volli avvicinarmi a Nadia. Vidi che era seduta accanto all'uomo che qualche giorno prima era fuggito via come se avesse visto un fantasma alla lettura di quel biglietto. Se nonostante tutto era ancora li, accanto a lei, doveva sicuramente essere un uomo speciale, e la meritava. Nadia si voltò e mi sorrise, poi continuò a conversare con quel tipo!
Io, abbassai lo sguardo, e stavo per tornare indietro, quando mi ritrovai al cospetto del ragazzotto spettinato, con i palloncini in mano, che mi disse:- “Sto andando in teatro, vieni con me?” Lo guardai perplessa: che stupida. Pensavo che non mi avesse notata! Mi diede la mano e come due vecchi amici, ci incamminammo verso lo spettacolo della nostra vita …

Il giorno fatidico arrivò. Cominciai a prendere di vero gusto l’idea di poter essere scelta per lo stage formativo. Avrei ricevuto una borsa di studio e la possibilità di conoscere nuovi stili di danza, nuovi ballerini! Non fu di certo uno spettacolo come tanti altri, soprattutto perché lo avevo vissuto con divertimento e soddisfazione. La vita, mi aveva regalato più colori, e le ombre del passato si erano ormai dileguate nel nulla! Fu così, che s’aprì lentamente il sipario, e fu illuminato dalla luce biancastra di sempre, la stessa che ispira da tempo la mia coreografa, ma stavolta quel tendone color porpora s’aprì fino alla fine, esaltando ogni nostro sorriso e lasciando agli spettatori non solo il giudizio inconfutabile ma anche l’opportunità di applaudire! Per quel che avevo capito, gli esaminatori avrebbero scelto uno di noi per studiare nella loro accademia. La serata volgeva al termine, ma quei tizi sembravano già sapere chi scegliere. Il tempo in un attimo sembrava si fosse fermato e io ebbi un fremito: non era paura ma emozione! Gino era accanto a me. Stavamo tutti dietro le quinte col fiato sospeso, silenziosi e curiosi. Il presentatore era il loquace sconosciuto che qualche giorno prima rassicurò il mio nuovo amico e se ne stava al centro del palcoscenico ad intervistare gli esaminatori e Flora! Stilarono due ipotetici nomi fortunati: cosa volevano dire? Sonya Brasile e Gino Silenti!!- “NOI???”- Pronunciammo insieme quelle tre lettere, quasi a volerle evidenziare nella pretesa di trovarci un filo conduttore. Ci guardammo per un istante interminabile increduli! Ci esortarono a fare ingresso sul palcoscenico, e Gino mi strizzò l’occhio, poi mi prese per mano, e ci avviammo al centro del palco. Osservai gli sguardi della gente e riconobbi subito i sorrisi e gli applausi di Nadia e del suo compagno. Mi voltai verso Flora e poi verso quei tizi sconosciuti. Ci dissero che volevano sceglierci entrambi ma non sarebbe stato possibile - ecco mi sembrava troppo bello per essere vero – ci invitarono ad accordarci tra di noi su chi doveva andare! Quasi come se fossimo stati legati dallo stesso pensiero rispondemmo all'unisono - “Rimango io …” e le nostre parole furono una risata spontanea sia per i nostri interlocutori, sia per tutti gli spettatori, ma decisi svelta il da farsi, perché sapevo che ognuno di noi avrebbe esitato. Tolsi il microfono dalle mani del presentatore amico e con gli occhi rivolti un po’ alla platea e un po’ agli esaminatori dissi:- “Se dovessi essere scelta da una giuria inconfutabile non perderei di certo l’occasione. Accetterei senza nessuna perplessità, ma se come in questo strano caso dovessi ritrovarmi a decidere di restare per cedere quest’opportunità ad un amico, io rimarrei volentieri. La mia vita ha ottenuto l’amore. La danza è stata il mio sogno fino a qualche giorno fa. Ma si cambia in fratta opinione! Adesso che ho più autostima di me, se dovessi decidere tra la danza e l’amore senza rimpianti, sceglierei l’amore!”. Guardai Gino mentre pronunciavo queste parole, e ne rimase quasi sorpreso. Vidi una lacrima nel suo viso. La commozione lo pervase ancora più di me! Gli cedetti il microfono, ma quella che uscì dalle sue corde fu una voce singhiozzante. Così, cercando di scandire le parole il più possibile, disse: -“Anch'io la penso esattamente così …” Ci compresero e ci lasciarono andare per la nostra strada ormai pieni di entusiasmo! Infine scelsero Stella e il suo nome in quel mondo ci stava anche meglio, fu battezzata subito come: la stella della danza!

Si chiude lentamente il sipario e li, dietro quel tendone color porpora abbellito dalle luci biancastre, ci siamo proprio noi. Si, noi! A noi, due giovani ragazzini insignificanti, l’onore di chiudere questa storia …

Dunque, ritornammo alle nostre vite, incrociate in un giorno per caso ed unitesi inequivocabilmente senza tanti giri di parole. Io, tra le altre cose, continuai a frequentare la danza e Gino, il ragazzo che fece accendere una nuova luce nei miei occhi, gli occhi della giovane ragazza che si prese la briga di aprire questa storia, tornò a vendere palloncini e ad animare tutte le belle serate, organizzando spettacoli e concerti! Gli rubai un bacio che poi si moltiplicarono considerevolmente ma lui è ancora quel tipo strambo che conobbi ai giardini pubblici. Ha un viso tondo e rubizzo, un cappotto liso sui gomiti, un mazzo di palloncini colorati in mano. E' l'ultimo uomo di questa storia. 



*Questo racconto è stato pubblicato su Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano il 30/05/2011 ed è presente nell'Antologia di racconti "E' l'ultimo uomo di questa storia" acquistabile su ILMIOLIBRO

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